È un’infiammazione della mucosa dello stomaco le cui cause sono tutto ciò che aumenta l’acidità gastrica o diminuisce le barriere protettive della mucosa, quali:
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stress,
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ingestione di farmaci,
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ingestione di agenti corrosivi o tossici.
Nelle forme croniche sussistono anche altre cause, quali:
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infezione cronica da Helicobacter pilori,
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malattie autoimmuni, in associazione con anemia perniciosa,
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postumi di interventi chirurgici, con reflusso di secrezioni biliari o duodenali,
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malattie della motilità e meccaniche (occlusioni, atonia gastrica..),
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oppure: morbo di Crohn, amiloidosi, uremia ecc..
L’insorgenza è rapida e coinvolge la mucosa gastrica erodendola in alcuni punti ma senza andare oltre un certo limite (come invece accade nell’ulcera).
I sintomi in alcune forme più acute possono essere:
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dolori all’addome che si possono estendere anche al petto, quando è coinvolto anche l’esofago per reflusso esofageo,
Nelle forme croniche è presente:
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pesantezza,
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bruciore,
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gonfiore addominale,
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eruttazione,
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digestione laboriosa.
La gastrite cronica, al contrario della forma acuta, è in genere silente, i sintomi sembrano essere disturbi della digestione. Talvolta possono presentarsi alcuni sintomi tipici dell’anemia come debolezza e difficoltà di respirazione.
Il punto di vista psicosomatico.
Il cibo è ciò che ingeriamo, ma anche un’atmosfera legata alla persona con cui si condivide la tavola, l’ambiente, il momento storico della nostra vita.
Considerando questi aspetti, lo stomaco risponde e reagisce a queste situazioni, e può accadere, ad esempio, che:
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se il cibo viene cucinato dalla persona amata lo stesso sia carico di dolcezze e di affetto,
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se mangiato in compagnia di un nemico può essere condito d’odio,
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in situazioni tristi può creare sofferenza di stomaco,
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con una persona che ci sta antipatica o è aggressiva, lo stomaco manifesterà aggressività latente
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se lo stesso cibo proviene dal nostro paese d’origine, può rivelarsi digeribilissimo e squisito,
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se appartiene a una tradizione culinaria sconosciuta, può bloccarsi sullo stomaco per ore e ore; con un cibo nuovo, grasso, di tradizioni diverse dalla nostre, verso cui siamo diffidenti, si ha uno stato di chiusura di stomaco.
Insieme al cibo, noi ingeriamo quindi le atmosfere che ci circondano, lo stato d’animo legato alle persone con cui mangiamo, i significati culturali e ritualistici degli alimenti che troviamo nel piatto.
Per questo motivo la gastrite rappresenta una difficoltà ad accettare e digerire, tutte assieme, le realtà precedentemente descritte. In particolare, esprime il desiderio di portare dentro, di incontrare intimamente qualcuno o qualcosa di cui si ha voglia ma che, contemporaneamente, contiene elementi sentiti come pericolosi e inaccettabili.
Nel vocabolario di chi soffre di questi disturbi ci sono espressioni tipo: situazione indigesta, persona sullo stomaco, ambiente pesante…
Lo stomaco sta un po’ lamentandosi perché non è soddisfatto, risponde con riflussi gastrici perché sta cercando di buttar fuori, rigettare qualcosa o qualcuno.
Se la digestione è lenta, lunga, la situazione che accettiamo a fatica, la stiamo elaborando.
Se non si riesce a risolvere questi conflitti, si crea una grande frustrazione, che a sua volta da origine a rabbia ed aggressività, espresse solo parzialmente. Il problema di base è che il soggetto non è capace di dire di “no”, di esprimere aggressività ovvero fatica a manifestare la sua rabbia.
Esprimere la propria contrarietà, infatti, è pericoloso perchè l’altro potrebbe non accettarci più, così il soggetto che soffre di gastrite tiene dentro e scarica, sul suo stesso stomaco, tutta la tensione accumulata (il succo gastrico che attacca la parete dello stomaco).
La stomaco non abbastanza passivo, perché è in realtà una sacca dove il cibo entra e cade, non ha per natura capacità di dire di no, e può chiudersi irritandosi e infiammandosi.
Cosa dicono i sintomi:
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il bruciore è il fuoco interiore che arde inespresso;
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i dolori, spesso in forma di crampo o di pungolo, esprimono il disagio per non riuscire a manifestare se stessi in modo pieno;
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la nausea è un rifiuto della situazione;
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il vomito è un dichiarato rigetto;
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l’inappetenza con la classica chiusura di stomaco denota l’indisponibilità ad accettare più di quello che già si è accolto;
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il senso di tensione gastrica indica lo stato di allerta;
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la digestione lunga e laboriosa esprime la tenacia, ma anche la difficoltà nell’accettare il cibo-ambiente, cibo-situazione che sono, in quel momento, fonte di problema;
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le eruttazioni sono il borbottio e il disappunto, che esprimiamo in forma assai “tortuosa”.
I soggetti che ne risentono di più sono gli adulti che presentano ancora forme di dipendenza dal partner o dalla famiglia di origine e non hanno quindi sviluppato una piena autonomia, oppure, nella maggioranza dei casi, non la sentono legittima.
L’autostima è a corrente alternata e molto suscettibile del giudizio esterno. Queste persone provano un fastidioso senso di colpa pronto a scattare ogni volta che tentano di affermarsi in modo un po’ più deciso. Fanno una grande fatica a dire di “no” ed hanno sviluppato una grande capacità di sopportazione.
A volte, proprio attraverso la presenza del mal di stomaco, riescono a sottrarsi a situazioni controverse e/o temute. È presente un atteggiamento ansioso, a volte manifesto, a volte mascherato e una certa tendenza a bloccarsi in corrispondenza di momenti cruciali di trasformazione esistenziale.
Oltre ad un buon lavoro psicologico, una buona opportuna è l’attività fisica, che sottrae un po’ di energia all’infiammazione gastrica.