Silenzio… scrivere o parlare del silenzio sembra un paradosso… la miglior cosa forse sarebbe tacere.
Provare quella pace,
o per la necessità di concentrarsi.…,
o quel imbarazzo che ne deriva quando lo si condivide con qualcuno,
quando esso pare una negazione a qualsiasi contatto,
il vuoto dell’ignoto,
dello sconosciuto,
di qualcosa che ci fa paura,
un’aggressività passiva dalla quale difendersi,
il silenzio della vergogna,
dei sensi di colpa,
di esser considerati diversi,
quando quell’assenza di qualsiasi stimolo sonoro è allora da colmare per riempire quel vuoto a tutti i costi.
Quante volte nella vita lo abbiamo provato.. anche se con significati oltremodo contrari?
Vorrei però accompagnarvi in una visione diversa di un qualcosa di indefinibile ed al quale si da spesso un’accezione negativa.
Si vede solitamente al silenzio come ad assenza, negazione, vuoto, ma in realtà è l’inizio di ogni vera creazione, di ogni vita che si rinnova. Vorrei guidarvi verso il significato più profondo ed importante del silenzio dov’è possibile esperire la piena presenza, l’apertura a tutti i possibili, e pienezza ricca di ogni futura creazione.
Per i latini due verbi distinti rinviavano al silenzio: tacere e silere.
Mentre tacere rinviava la silenzio della parola, silere evocava il silenzio della natura. Quest’ultimo designava per estensione la venuta delle cose che ancora non c’erano ma che stavano per nascere (tutto ciò che era in attesa di..)
Il silenzio è un’esperienza che da a ciascuno sfumature diverse. È un qualcosa che si manifesta in modo diverso da quello uditivo, con effetti allo stesso tempo di niente e tutto, di vuoto e pieno, di assenza e presenza.
È come un segno che bisogna imparare a decifrare prima ancora di scoprirne le risorse e potenzialità.
È un segno che rompe un ritmo e ne da un altro, dando un significato, come un silenzioso visibile, come nella poesia, nella musica, nel respiro.. Cosa sarebbe un’emozione senza che il nostro respiro variasse?
Altre volte confondiamo la sospensione con la vacuità, l’incapacità di definire a parole un qualcosa.. il definire infatti significa paralizzare e quindi in alcuni casi l’intuizione è preferibile alla definizione. Così il silenzio parla più delle parole…e la sospensione appare come una forma attenuata del silenzio .
Cosa sarebbe l’attesa ridotta a semplice riempimento? Se si pensa poi all’attesa degli amanti che crea tanta tensiva emozione…
Per la scienza, dice Minkowski , il silenzio e l’oscurità si riducono all’assenza di stimoli, uditivi nel primo caso, visivi ne secondo.
In realtà il silenzio contribuisce ad una circoscrizione simbolica. Come prosegue Minkowski “il silenzio ha come qualcosa di disteso in sé, ha ampiezza, grandezza, riempie della sua gravità l’Universo e così lo pare davanti a noi..”
Quando stiamo con gli altri li conosciamo attraverso il silenzio, nei loro ritmi, limiti ed abitudini, nei loro tempi di riflessione e raccoglimento.
In situazioni più particolari, come durante un percorso psicologico, si condividono e rispettano i climi specifici della personalità, le proprie capacità di modulazione interiore, le proprie attitudini e limiti alla trasposizione ed evoluzione e non solo si osserva il processo creativo per trarne le logiche conseguenze.
Ci si trova a volte davanti all’incapacità fondamentale di vivere concretamente sia l’assenza che l’attesa, o davanti ad un inferno di incomunicabilità in questo falso paradiso dalla noia contagiosa, dal torpore soporifero.
Si può colmare e ciò va saggiamente dosato, analogamente alle parole, ai suggerimenti e alla giusta misura dei gesti.
Freud stesso lo definì perturbante
Ci sono silenzi di morte, di solitudine, di abbandono, di melanconia e silenzi di vita, di autocura..
Si cerca di facilitare il processo che insegna a stare con se stessi, faccia a faccia con le proprie fantasie, ad ascoltare i rumori impercettibili…Favorire o suscitare del tutto naturalmente l’ascolto di quanto avviene.
Il silenzio consente la presenza, l’esistere nello spazio dell’altro, consente all’altro di esistere. È quando si è in silenzio che si può ascoltare.
Conforto e sostegno vengono dati per facilitare l’intraprendere e il perseguire il rischio silenzioso di continuare a vivere.
Il silenzio permette l’apertura ad ogni possibile potenzialità, è nel silenzio che incontriamo la creazione.
Da questo punto di vista il silenzio è ben distante dal vuoto, dall’assenza, dalla negazione, è un omaggio all’istante presente, è un proporre di mettere un movimento per far affiorare le cose…. Come l’alba di una nuova realtà, realtà interiore ed esteriore
La creazione è il progressivo emergere di una nuova realtà da un mondo privo di parole, simbolo di ogni pienezza.
L’osservazione del mondo, dell’altro, la scoperta, riuscire a stare in silenzio in maniera spontanea, senza sforzo, come i bambini, maestri dotati in modo naturale, che davanti alle cose nuove si bloccano e tacciono.
È importante che anche i bambini possano fare esperienza del silenzio, creare degli spazi, dei rifugi dove dare un tempo per esso. Gli adulti che lo vivono come problematico dovrebbero ri-conoscerlo come esperienza da recuperare come consapevolezza attraverso degli esercizi.
Con il paziente si tratta di un incontrarsi per fare un cammino assieme poco definibile a posteriori proprio perché le parole non possono esprimerlo nella sua totalità ed essenza
A livello somatico lo possiamo scorgere nel respiro, quando facciamo la pausa.
Nello spazio, spesso è l’angolo il suo luogo, dove ci si può raccogliere, in senso di protezione.
Il silenzio è comune a molte religioni, è un fenomeno primordiale che preesiste all’uomo e alla parola: il silenzio da cui presto nascerà il Verbo, la parola creatrice, Plotino parlò di silenzio cosmico, il silenzio delle origini, in oriente Lao Tseu “la parola suprema è non dire niente”, per il Buddismo “le grandi verità si comunicano solo in silenzio”.
Possiamo così vedere il silenzio esser simbolo di apertura, liberazione, vita, fino al superamento di ogni limite umano.