Penso che questa sia la miglior sintesi di un concetto spesso non facile da comprendere:
“Non possiamo stare separati dalla nostra anima troppo a lungo ma, se non sappiamo riconoscere nell’intrico oscuro della boscaglia la presenza dell’anima, rischiamo di perderci nella notte. Attribuire un significato negativo alla confusione, al buio, alla tristezza, a tutto ciò che è oltre la Grande Soglia e, nello stesso tempo, avere necessità di immergerci frequentemente nell’aldilà ha proprio il sapore di una condanna, ma si tratta di un’autocondanna, poiché il giudizio che distingue e separa non è di altri se non nostro. Ogni cambiamento nel corso della nostra vita è una metafora della morte e rinascita, è un passaggio dalla strettoia. E ogni morte e ogni nascita è, a sua volta, una metafora dell’amore. Tutto è immagine, riflesso, eco di un amore originario. Darsi a quell’amore è la missione della nostra anima.”
Tratto dal libro: James Hillman, il cammino del “fare anima” e dell’ecologia profonda