Intorno agli anni Ottanta, una nuova corrente terapeutica si affaccia nella letteratura internazionale. Dall’America, Kabatt Zinn, medico e ricercatore, inizia ad applicare la Meditazione Buddhista in Ospedale, applicandola ai malati sofferenti di dolori cronici. Il paziente viene invitato a praticare questa disciplina ed entrare pienamente nel sintomo, prestando attenzione ai pensieri che da esso generano, allo scopo di portare sollievo.
Qualche anno dopo questa scoperta americana porterà frutti anche in Europa, in particolare nel Regno Unito, dove tre autori, Zindel V. Segal, Mark G. Williams, John D. Tesdale, daranno vita alla ad una terapia basata sulla Mindfulness, per tentare di ridurre il rischio di ricaduta in depressi cronici.
La Mindfulness è uno stato di presenza metale, le cui origini si radicano soprattutto nel Buddismo, ma che è profondamente attuale nella sua applicazione.
Mindfulness significa essere consapevoli (“mindful” è traducibile dall’inglese come “consapevole”), nel momento presente e senza giudizio, di ciò che accade nella nostra mente, nel nostro corpo e intorno a noi. Significa riprendere il controllo della propria vita e saper dirigerla nella giusta direzione.
Allenare la consapevolezza ci aiuta a smettere di rimuginare, a uscire dagli automatismi che ci intrappolano e non ci fanno vivere una vita piena ed appagante. Ci permette di abbandonare i nostri giudizi e, di conseguenza, l’ansia e lo stress.
La Mindfulness può essere definita come un insieme di stati mentali che vanno dall’attenzione volontaria alla sospensione del giudizio. In effetti rappresenta un passaggio da:
• un’attenzione al momento presente a una diminuzione delle proprie attività,
• un’apertura calda e benevola verso le esperienze a una sospensione del giudizio.
La modalità per raggiungere lo stato di Mindfulness è la meditazione, basata sulla postura, sulla respirazione e sulla direzione dell’attenzione.
La Mindfulness rappresenta uno strumento potente, scientificamente riconosciuto, applicato anche in ambito clinico, che può essere integrato nelle nostre vite, in maniera semplice e immediata, attraverso la pratica.
Grazie all’allenamento si giunge ad essere consapevoli dei propri pensieri, delle emozioni, dei processi mentali, in modo da poter sostituire nella vita quotidiana, i comportamenti reattivi, automatici e distruttivi che ci bloccano o che ci fanno soffrire, con scelte consapevoli e funzionali.
La mindfulness ci consente di distinguere ciò che è importante da ciò che non lo è, focalizzandoci su ciò che per noi conta davvero.
«Una definizione operativa della mindfulness è: la consapevolezza che emerge se prestiamo attenzione in modo intenzionale, nel momento presente e in modo non giudicante, al dispiegarsi dell’esperienza momento per momento».
(Daniel J. Siegel, “Mindfulness e cervello”, pag. 17)
La Mindfulness ci insegna il concentrarsi sull’istante, senza un atteggiamento giudicante. Un insegnamento che può partire osservando il respiro, attraverso i suoi suoni, le sensazioni del corpo ed i pensieri.
La Mindfulness rientra in quell’insieme di metodi che si stanno sviluppando ora che sta conquistando sempre più attenzione la Psiconeuroendocrinoimmunologia (PNEI), branca della Medicina che studia il complesso rapporto esistente tra cervello, sistema immunitario e psiche, e il loro intrecciarsi.
Il docente di Psichiatria e Psicologia dell’Università del Wisconsin-Madison Richard G. Davidson ha osservato, nel 2004, che una pratica Mindfulness continuativa apporta delle modifiche a carico della corteccia anteriore sinistra, e da questo dato è arrivato a ipotizzare che la Meditazione sviluppi una miglior capacità di regolare le emozioni, con le conseguenze che ne possono derivare sul sistema immunitario.
In uno studio del 2005 della neuroscienziata, e assistente universitaria di Psichiatria ad Harvard, Sara W. Lazar si è riscontrato nei praticanti Mindfulness:
• una corteccia mediale ispessita
• un ampliamento dell’insula destra
Si prendono quindi in considerazione le aree legate all’empatia e alla capacità di autosservazione.
«Quando siamo mindful, noi implicitamente o esplicitamente osserviamo una situazione da una molteplicità di prospettive, vediamo come nuove le informazioni presenti nella situazione, stiamo attenti al contesto in cui stiamo percependo le informazioni e, alla fine, creiamo nuove categorie di comprensione della situazione».
(Daniel J. Siegel, “Mindfulness e cervello”, pag. 220)
Per chi non ha da particolari patologie essa può essere realmente rivoluzionaria nel percepire la propria vita. Per chi invece ha problemi fisici e psicologici essa può risultare di sostegno e può consentire un miglioramento nella qualità dell’esistenza.
«Come la superficie del mare si increspa quando soffia il vento, così anche la mente tende ad agitarsi e a divenire reattiva in presenza di turbolenze esterne. Ma se scendi quattro o cinque metri sotto la superficie del mare trovi solo un lievissimo movimento: a quella profondità l’acqua è calma anche quando la superficie è tempestosa».
(Jon Kabat-Zinn, “Vivere momento per momento”, pag. 45)
Proviamo quindi ad immergerci un po’ nella profondità del nostro respiro…