Con il termine Mobbing si intende una forma di pressione psicologica esercitata sul posto di lavoro, attraverso comportamenti aggressivi e vessatori ripetuti, da parte di colleghi o superiori. La vittima di queste vere e proprie persecuzioni si vede emarginata, calunniata, criticata: le vengono affidati compiti dequalificanti, o viene spostata da un ufficio all’altro, o viene sistematicamente messa in ridicolo di fronte a clienti o superiori. Nei casi più gravi si arriva anche al sabotaggio e ad azioni illegali. Lo scopo di tali comportamenti può avere finalità differenti, ma sempre distruttive: eliminare una persona divenuta in qualche modo “scomoda”, indurla alle dimissioni volontarie o provocandone un motivato licenziamento.
Il Mobbing si manifesta come un’azione (o una serie di azioni) che si ripete per un lungo periodo di tempo, compiuta da uno o più mobber per danneggiare qualcuno (il mobbizzato), in modo sistematico e con uno scopo preciso. Il mobbizzato viene letteralmente accerchiato e aggredito intenzionalmente (il verbo inglese to mob significa “assalire, aggredire, affollarsi attorno a qualcuno”) da aggressori che mettono in atto strategie comportamentali volte alla sua distruzione psicologica, sociale e professionale. I rapporti sociali si volgono alla conflittualità e si diradano sempre più, relegando la vittima nell’isolamento e nell’emarginazione più disperata. In alcuni casi il mobber è l’azienda stessa e la strategia persecutoria assume i contorni di una vera e propria azione mirata di riduzione, ringiovanimento o razionalizzazione del personale, oppure di semplice eliminazione di una persona indesiderata. In tal caso siamo di fronte a quello che viene chiamato Bossing: una vera e propria politica di Mobbing, compiuta dai quadri o dai dirigenti dell’azienda con lo scopo preciso di indurre il dipendente divenuto “scomodo” alle dimissioni, al riparo da qualsiasi problema di tipo sindacale.
Il Mobbing non e una situazione stabile, ma un processo in continua evoluzione. Sulla base di ciò, gli esperti tedeschi e svedesi hanno cercato di definire gli stadi che attraversa, per cercare di capirne così i metodi e le prerogative. Sulla base del modello di Mobbing più famoso, ossia quello a quattro fasi di Leymann, il metodo Harald Ege si compone di sei fasi, legate logicamente tra loro e precedute da una sorta di pre-fase, detta Condizione Zero, che ancora non e Mobbing, ma che ne costituisce l’indispensabile presupposto.
-“Condizione Zero“: Non si tratta di una vera e propria fase, ma di una pre-fase, di una situazione iniziale normalmente presente in Italia dove la stragrande maggioranza delle aziende, a differenza che nel nord Europa, vivono situazioni conflittuali che, pur non costituendo mobbing ne sono il terreno di coltura. Si tratta di un conflitto generalizzato, che vede tutti contro tutti e non ha una vittima designata. Non è del tutto latente, ma si fa notare di tanto in tanto con banali diverbi d’opinione, discussioni, piccole accuse e ripicche, manifestazioni del classico ed universalmente noto tentativo generalizzato di emergere rispetto agli altri. Un aspetto e fondamentale: nella .condizione zero. non c’e alcuna volontà di distruggere, ma solo quella di elevarsi sugli altri.
– I Fase: Conflitto Mirato: E’ la prima fase del Mobbing in cui si individua una vittima e verso di essa si dirige la conflittualità generale. In questo momento l’obiettivo non e più solo quello di emergere ed il conflitto non si limita al lavoro ma tende a spostarsi verso argomenti privati.
– II Fase: Inizio del Mobbing: Gli attacchi da parte del mobber suscitano un senso di disagio e fastidio alla vittima che percepisce un inasprimento delle relazioni con i colleghi ed è portata quindi ad interrogarsi su tale mutamento.
– III Fase: Primi Sintomi Psico-Somatici: La vittima comincia a manifestare dei problemi di salute e questa situazione può protrarsi anche per lungo tempo. Questi primi sintomi riguardano in genere un senso di insicurezza, l’insorgere dell’insonnia e problemi digestivi.
– IV Fase: Errori ed Abusi dell’Amministrazione del Personale: Il caso di Mobbing diventa pubblico e spesso viene favorito dagli errori di valutazione da parte dell’ufficio del Personale. La fase precedente, in cui cominciano a manifestarsi problemi di salute, e la preparazione di questa fase, comporta l’aumento della frequenza delle assenze per malattia e ciò insospettisce l’Amministrazione del Personale.
– V Fase: Serio Aggravamento della Salute Psicofisica della Vittima: In questa fase il mobbizzato entra in una situazione di vera disperazione. Di solito soffre di forme depressive più o meno gravi e si cura con psicofarmaci e terapie, che hanno solo un effetto palliativo in quanto il problema sul lavoro non solo resta, ma tende ad aggravarsi. Gli errori da parte dell’amministrazione infatti sono di solito dovuti alla mancanza di conoscenza del fenomeno del Mobbing e delle sue caratteristiche. Conseguentemente, i provvedimenti presi sono non solo inadatti, ma anche molto pericolosi per la vittima. Essa finisce col convincersi di essere essa stessa la causa di tutto o di vivere in un mondo di ingiustizie contro cui nessuno può nulla, precipitando ancora di più nella depressione.
– VI Fase. Esclusione dal Mondo del Lavoro: L’esito ultimo del Mobbing, ossia l’uscita della vittima dal posto di lavoro, tramite dimissioni volontarie, licenziamento, ricorso al pre-pensionamento o anche esiti traumatici quali il suicidio, lo sviluppo di manie ossessive, l’omicidio o la vendetta sul mobber.
Il Doppio-Mobbing è un’altra situazione riscontrata frequentemente in Italia, ma di cui non si trova traccia nella ricerca europea sul Mobbing.
È legata al ruolo particolare che la famiglia ricopre nella società italiana: il legame tra individuo e famiglia è molto forte; la famiglia partecipa attivamente alla definizione sociale e personale dei suoi membri, si interessa del loro lavoro, della loro vita privata, della loro realizzazione e dei loro problemi; virtualmente non scompare mai dall’esistenza dei suoi componenti; si fa da parte, forse, ma è sempre presente a fornire consigli, aiuti, protezione.
Possiamo ipotizzare che, in linea generale, la vittima di una situazione di Mobbing tenda a cercare aiuto e consiglio a casa. Qui sfogherà la rabbia, l’insoddisfazione o la depressione che ha accumulato durante una giornata lavorativa passata sotto i colpi del mobber. E la famiglia assorbirà tutta questa negatività, cercando di dispensare al suo componente in crisi quanto più ha bisogno in termini di aiuto, protezione, comprensione, rifugio ai propri problemi. La crisi porterà necessariamente ad uno squilibrio dei rapporti, ma la famiglia ha molte più risorse e capacità di ripresa di un singolo, e riuscirà a tamponare la falla.
Il Mobbing, però, non è un normale conflitto, un periodo di crisi che si concluderà presto. Il Mobbing è un lento stillicidio di persecuzioni, attacchi e umiliazioni che perdura inesorabilmente nel tempo, e proprio nella lunga durata ha la sua forza devastante. La vittima soffre e trasmette la propria sofferenza, il logorio attacca la famiglia, che resisterà e compenserà le perdite, almeno per un certo tempo, ma quando le risorse saranno esaurite, entrerà anch’essa in crisi. Come “la goccia che fa traboccare il vaso”, così una famiglia può assorbire fino ad un certo limite i problemi irrisolti di uno dei suoi membri.
I legami famigliari all’inizio del Mobbing costituiscono un grande vantaggio per la vittima che in genere non ha quindi bisogno di cercare disperatamente un aiuto: lo possiede già a priori. Tuttavia, però, nello stesso momento in cui la vittima si sfoga, è come se delegasse i suoi famigliari a gestire la rabbia, la depressione, l’aggressività, il malumore accumulati. L’assorbimento famigliare della crisi da Mobbing di un componente implica che anche i vari membri della famiglia subiscono in misura minore il Mobbing della vittima.
L’energia distruttiva può giungere ad un livello tale da comportare la saturazione delle riserve famigliari. Se questo avviene, la situazione della vittima di Mobbing crolla perché la famiglia protettrice e generosa improvvisamente cambia atteggiamento, cominciando invece a proteggere se stessa dalla forza distruttiva del Mobbing richiudendosi in se stessa, per istinto di sopravvivenza. La vittima infatti è diventata una minaccia per l’integrità e la salute del nucleo famigliare, che ora pensa a proteggersi prima, ed a contrattaccare poi. Si tratta naturalmente di un processo inconscio: nessun componente sarà mai consapevole di aver cessato di aiutare e sostenere il proprio caro. Il Doppio Mobbing indica la situazione in cui la vittima si viene a trovare in questo caso: sempre bersagliata sul posto di lavoro e per di più privata della comprensione e dell’aiuto della famiglia. Il Mobbing a cui è sottoposto è raddoppiato: non solo presente in ufficio, ma con altre modalità, anche a casa.
Gli attori del Mobbing
Il Mobbing è un fenomeno sociale: è fatto, subito o favorito da esseri umani. Le persone che vi prendono parte ne sono attori indispensabili, con i loro difetti, le loro idiosincrasie caratteriali, le loro paure. Il Mobbing è un’azione aggressiva, che vede necessariamente due attori: l’aggressore, o mobber, e la sua vittima, o mobbizzato. In un ufficio, o in un luogo di lavoro, tuttavia, solo raramente questi due personaggi si trovano da soli l’uno contro l’altro.
Nella stragrande maggioranza dei casi attorno a loro c’è un numero variabile di persone. Queste possono fare da semplice sfondo oppure parteggiare apertamente per una delle due parti. E’ davvero impossibile che un caso di Mobbing rimanga inavvertito da questi cosiddetti spettatori: la sua portata è troppo pregnante perché non venga in qualche modo percepito. Conseguentemente a questo, anche gli spettatori del Mobbing ne sono coinvolti: anche loro sono dunque degli attori, insieme al mobbizzato ed al mobber.
1) Il mobbizzato
Il tratto tipico del mobbizzato è l’isolamento. Le parole che gli autori di ricerche sul Mobbing riservano alla vittima di questo fenomeno evocano l’immagine di una persona che si trova letteralmente con le spalle al muro, spesso senza sapere nemmeno perchè. E’ difficile poter stilare una casistica di vittime, per individuare cioè la persona caratterialmente più propensa ad essere mobbizzata. Dalle ricerche odierne sul Mobbing, possiamo affermare che la vittima potrebbe essere chiunque. Non esiste una categoria di persone predestinata a diventare una vittima del Mobbing. Tuttavia possiamo affermare che ci sono situazioni in cui è più probabile venire mobbizzati. Pensiamo ad una persona in qualche modo diversa dagli altri: una donna in un ufficio di uomini o viceversa, una persona più qualificata, più giovane, più brava nel lavoro, oppure addirittura assunta da subito come capufficio: senz´altro le possibilità di subire Mobbing per lei sono sicuramente maggiori.
Qualunque sia la sua posizione o il suo carattere, la vittima generalmente in qualche modo reagisce al Mobbing che le viene perpetrato: analisi statistiche dimostrano che un uomo presenta reazioni ad una situazione di crisi diverse da quelle di una donna, per fattori riconducibili al suo patrimonio biologico. Una donna in crisi reagisce aumentando la sua attività rispetto all’uomo, che al contrario tende a diminuirla. Queste differenze sono significative come testimonianza di due modi di essere e di percepire la realtà, ma ai fini del Mobbing stesso, va notato che nessuna delle due reazioni ottiene un risultato. In entrambi i casi infatti è la reazione stessa della vittima, in qualunque modo essa si configuri, a dare al mobber motivo per continuare la sua azione: “Lei è troppo nervosa e invece di lavorare non fa che parlare” oppure “Lui non lavora più come dovrebbe …le sue prestazioni lasciano a desiderare”.
2) Il mobber
Non dobbiamo stigmatizzare (come fa normalmente il mobber con la vittima) una persona indicandola a dito e accusandola di essere un classico mobber. Chiediamoci in tutta onestà: “Mi comporto io stesso forse come un mobber?” Niente paura, ma va considerato che in giro ci sono tantissimi mobber che neanche si rendono conto della gravità delle loro azioni: spesso sono proprio quelli che non vogliono nemmeno sentir parlare di Mobbing. I mobber classici non lasciano in pace le loro vittime perchè credono di trarre vantaggi dalla loro distruzione o anche soltanto per sfogare i loro umori. Potrebbero agire da soli o cercarsi alleati. Il problema principale è che, in questo caso, il mobber non è per nulla disposto a cercare una soluzione al conflitto e che quindi difenderà le sue posizioni con tutti i mezzi. Ci sono poi quelli che si trovano quasi per caso nella situazione di mobber: risultati vincitori di un conflitto, spesso del tutto inconsciamente, continuano la lotta con lo scopo di distruggere completamente la vittima. Infine ci sono le persone caratterialmente difficili, i collerici, gli autoritari, i megalomani ed i criticoni. E tutta una gamma di frustrati al di fuori del lavoro che sfogano i propri istinti repressi sui colleghi.
Le ricerche hanno scoperto che anche la strategia mobbizzante è diversa tra uomo e donna: il mobber uomo preferisce azioni passive, cioè azioni che non puntano alla cattiveria aperta ma su quella nascosta, come ignorare qualcuno, o dargli sempre nuovi lavori o metterlo sotto pressione; il mobber donna invece in genere preferisce il Mobbing attivo, cioè azioni come sparlare dietro le spalle, prendere in giro qualcuno davanti ad altri o fare girare pettegolezzi su di lui.
3) Gli spettatori
Gli spettatori sono tutte quelle persone, colleghi, superiori, addetti alla gestione del personale, che non sono coinvolti direttamente nel Mobbing, ma che in qualche modo vi partecipano, lo percepiscono, lo vivono di riflesso. La funzione che lo spettatore ricopre all’interno del posto di lavoro ha un’importanza cruciale per lo sviluppo del Mobbing. Come il ruolo del mobber dipende crucialmente dalla sua posizione gerarchica, così anche quello dello spettatore diventa fondamentale nella sua capacità di influenza sul Mobbing. Se uno spettatore non agisce molto spesso si può tramutare in un altro temibile aggressore. Un collega che assiste al Mobbing e non lo denuncia o cerca di interromperlo in qualche modo può diventare lui stesso un mobber di riflesso, ossia un side-mobber: egli infatti favorisce il Mobbing con la sua indifferenza e la sua non disponibilità ad intervenire.
La valutazione e quantificazione del danno da Mobbing. Il Mobbing per genesi e definizione è un tema esclusivo della Psicologia del Lavoro. Non è dunque né una malattia, né una categoria esclusivamente giuridica, anche se i suoi risvolti sconfinano sia ne campo della Medicina sia in quello del Diritto. Il Mobbing è infatti una situazione conflittuale prolungata che, come tale, può originare nella vittima alterazioni o patologie psichiche o psicosomatiche. D’altra parte, il Mobbing è un comportamento illecito, lesivo dei diritti della persona e del lavoratore, che può arrecare un “danno ingiusto”, ossia un danno alla persona a vari livelli (professionale, biologico, esistenziale, etc).
Innanzitutto è importante la determinazione del Mobbing, quello cioè che permette di riconoscere o meno il Mobbing nella vicenda lavorativa in questione. Si tratta di un passo fondamentale sia in ambito giuridico – essendo una premessa indispensabile nella causa penale così come in quella civile risarcitoria – sia nel campo più specifico della Psicologia del Lavoro, poiché in sostanza implica la messa a punto di una definizione finalmente tassativa e rigidamente scientifica del Mobbing.
Schematicamente parlando, tali sette parametri si configurano come segue:
-I danni per la vittima: il Mobbing ha effetti devastanti sulla persona colpita: essa viene danneggiata psicologicamente e fisicamente, menomata della sua capacita lavorativa e della fiducia in se stessa. I soggetti mobbizzati mostrano alterazioni dell’equilibrio socio-emotivo (ansia, depressione, ossessioni, attacchi di panico, anestesia emozionale), alterazioni dell’equilibrio psicofisiologico (cefalea, vertigini, disturbi gastrointestinali, disturbi del sonno e della sessualità) e disturbi a livello comportamentale (modificazioni del comportamento alimentare, reazioni autoaggressive ed eteroaggressive, passività).
La clinica psichiatrica ci dice che la vittima del Mobbing può andare incontro ad una profonda alterazione della personalità, nonché ad un isolamento sociale progressivo con cui tenta di evitare il ripetersi degli episodi di vittimizzazione.
C’e poi un altro campo in cui il Mobbing ha ripercussioni gravissime: la vita privata e famigliare della vittima. Si tratta di quel fenomeno denominato Doppio-Mobbing,
-Le conseguenze per l’azienda e per la società Il Mobbing provoca un sensibile calo di produttività all’interno dell’azienda in cui si verifica. Innanzitutto la vittima non lavora più con gli stessi ritmi e la stessa efficienza: la sua produttività si riduce notevolmente, tanto che si possono raggiungere cali di prestazione dell’80%.
-L’azienda subisce poi direttamente i costi di questo fenomeno: essa infatti continua a sostenere economicamente il 100% della paga del mobbizzato e del mobber. Vanno poi considerate le lunghe e continuate assenze per malattia del mobbizzato, nonché la sua sostituzione che l’azienda deve sobbarcarsi per portare a termine comunque il suo lavoro.
-C’e poi un altro tipo di conseguenza indiretta del Mobbing che un’azienda subisce: il mobber stesso provoca gravi danni, compiendo spesso sabotaggi, che danneggiano l’azienda prima ancora della vittima, o inducendo la vittima a compiere degli errori, anche questi costosi per la ditta; infine dedicando tra il 5% ed il 10% del suo tempo lavorativo alla progettazione ed esecuzione delle azioni mobbizzanti.
-Se il Mobbing è lasciato agire indisturbato, esso può giungere alla sua ultima fase, che vede la vittima costretta ad uscire dal mondo del lavoro, causando ancora gravi costi alla ditta, che deve trovare nuovo personale e predisporre nuova formazione.
-Nel caso in cui il lavoratore mobbizzato abbia subito un danno quantificato da apposite perizie, egli può citare in giudizio l’azienda stessa, che in caso di perdita della causa può essere costretta a risarcirlo con somme di denaro anche ingenti.
-I costi del Mobbing si ripercuotono poi sull’intera società: una vittima di Mobbing e di solito pre-pensionata o invalidata dal lavoro, e secondo stime statistiche, un lavoratore costretto alla pensione a soli 40 anni costa gia 620.000 Euro in più rispetto ad uno pensionato all’età prevista.
Per quanto riguarda invece le caratteristiche della tipica vittima di Mobbing, le cose non sono affatto semplici. Fin dall’inizio dei suoi studi Leymann affermò categoricamente che, in base ai risultati, non ci sono tipi di personalità inclini ad essere mobbizzati, per cui chiunque può esserne vittima.
È quindi importante definire i ruoli di intervento.
È fondamentale l’informazione, la divulgazione e la rilevazione dei casi di Mobbing, nonché ovviamente la messa a punto di strategie di intervento; altrettanto importante è il versante della terapia medica, psichiatrica e farmacologica dei disturbi fisici e psicosomatici che la vittima accusa. Tuttavia, visite mediche e psicofarmaci possono essere utili per curare quei sintomi e quei disturbi fisici o psicosomatici che il Mobbing crea su chi ne è oggetto (insonnia, ansia, depressione, etc.), ma non certo il Mobbing stesso.
Il Mobbing è essenzialmente un problema di comunicazione all’interno dell’ambiente di lavoro per cui formazione a tutti i livelli è la parola chiave per risolvere o limitare i problema del Mobbing: essa vuol dire innazitutto corretta informazione, quindi prevenzione e strategie risolutive.
Oltre alla strada della formazione individuale, il ricorso alle vie giuridiche, in genere attraverso la richiesta di risarcimento del danno subito, è una delle strade più battute e praticate dalle vittime di conflitto organizzativo.
La giurisprudenza italiana ha affrontato il fenomeno Mobbing la prima volta con la sentenza 16 Novembre 1999 del Tribunale di Torino, seguita da una serie di decisioni di merito e di legittimità che hanno confermato la rilevanza del fenomeno nelle espressioni più svariate, dagli insulti alla emarginazione, dal demansionamento ai trasferimenti, dalle esasperate forme di controllo occulte o palesi, al sabotaggio delle attività prodotte, dai carichi eccessivi di lavoro ad incarichi difficilmente attuabili, etc., ritenendo, per quanto attiene all’elemento psicologico, la sussistenza del dolo generico quale volontà di umiliare, mortificare, deridere, perseguitare l’eventuale vittima e del dolo specifico qualora l’intendimento sia quello di allontanarla dal posto di lavoro.
La Costituzione italiana contiene principi fondamentali e inderogabili, quali la tutela del lavoro in tutte le sue forme e applicazioni (art. 35), il riconoscimento della tutela della salute come diritto dell’individuo (autonomo diritto, primario e assoluto, risarcibile) e fondamentale interesse della società (art. 32) e un vincolo insuperabile per l’iniziativa economica privata, che è libera ma “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana” (art. 41 c. 2). Questi articoli trovano, poi, una loro specifica applicazione nell’art. 2087 del codice civile che dispone “l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.
Per l’identificazione del danno risarcibile da Mobbing distinguiamo fra danno patrimoniale, morale, biologico e danno esistenziale o di vita di relazione.