“Ci sono solo due giorni all’anno in cui non puoi fare niente:
uno si chiama ieri, l’altro si chiama domani,
perciò oggi è il giorno giusto
per amare, credere, fare e,
principalmente, vivere“
Sua Santità il Dalai Lama
“Che tu guardi indietro o avanti, il risultato è il medesimo:
butti via il presente“
Wayne W.Dyer
La percezione del tempo influenza tutta la nostra vita: come pianifichiamo, come risolviamo i problemi, determina come ci rapportiamo con le limitazioni nelle quali incappiamo. Tuttavia parlo di percezione del tempo proprio perché si tratta di un costrutto cognitivo.
Il nostro corpo fisico è sempre e solo nel presente. Il nostro corpo è fatto in primo luogo per percepire il “qui e ora”.
La nostra mente può viaggiare nel tempo tra passato e futuro. Questa capacità della mente può essere una risorsa o una fonte di sofferenza in base a come ciò influenza la nostra percezione e quindi a come attribuiamo significati agli eventi.
Uno dei primi ad occuparsi dell’aspetto soggettivo del tempo fu Aristotele addirittura mettendone in discussione l’oggettiva esistenza.
Se vogliamo provare a definire il presente, secondo un modello lineare, possiamo pensare che ‘adesso’ è “dopo” il passato e “prima” del futuro.
In alcune culture il tempo ha in sé una percezione simultanea di ora e sempre. Questo concetto è più vicino a quello di alcune esperienze spirituali. Passato e futuro danno forma all’esperienza in atto e la influenzano.
I primi impieghi terapeutici della percezione del tempo si sono avuti con S. Freud. Egli scoprì che quando le persone portavano sintomi psicologici spesso sembravano regredire nel tempo e rivivere esperienze precedenti delle loro vite. Notò poi che se il paziente riconosceva le loro relazioni temporali poteva ottenere un significativo sollievo dai sintomi.
Per descrivere un evento e il suo relativo effetto e poi porli in relazione, è necessario percepirlo attraverso il tempo. Molto sintomi sono il risultato di una regressione ad esperienze passate senza la possibilità di “prendere le distanze”, un punto di vista più distaccato da osservatore attraverso il tempo. Di conseguenza agiamo inconsciamente nel presente come nel passato. Creare una nuova percezione dell’evento passato permette di alterare l’effetto emotivo.
La valutazione che una persona fa di questo “sentire” cambierà in funzione della cornice temporale usata.
Il tempo verbale è la codifica linguistica di questa cornice.
Più ristretta è la cornice temporale e più ci concentriamo sull’obiettivo e sul presente. Più ampia è la cornice che ci concediamo, maggiore è la distanza che siamo in grado di coprire riguardando il passato e proiettando nel futuro, più riusciamo ad agire con saggezza ed intelligenza.
In uno stato di benessere ed equilibrio riusciamo a oscillare da una cornice all’altra a seconda delle necessità, ma quando la nostra percezione si altera tendiamo ad ancorarci ‘fuori tempo’ ed a non vivere in armonia con il presente.
Il compito dello psicologo è legato ad un ascolto profondo dell’Altro ed è fondamentale per poi portarlo in territori nuovi dove le parole non raggiungano la solita direzione ma possano essere guidate attraverso un ponte verso scelte future… il riportarci nel “qui e ora” e farci ritrovare la nostra strada…
La vita è un’interazione intricata e ordinata con l’ambiente, e quindi il vivere stesso è conoscere.
Se la nostra presenza è fatta di un’attenzione consapevole, sia mentale che nel corpo e nel suo universo di sensazioni e percezioni fisiche, possiamo accedere ad un vasto tesoro di risorse e informazioni che possono arricchire la nostra esperienza in ogni istante.
(Fonte: Dilts e Delozier)